Ritorna più urgente che mai una riflessione che è stata affrontata su questo blog tramite una e-mail che mi è arrivata il 13 ottobre scorso e che ho pubblicato, appunto su questo blog, riguardante una legge Tremonti che prevede la privatizzazione di tutta la rete idrica italiana.
Un bell’articolo di Paolo Rumiz giornalista di “la Repubblica” (tra l’altro è una indagine che viene pubblicata a puntate la prima è di oggi 14 novembre) spiega ampiamente e esaurientemente quali sono i rischi e i pochissimi vantaggi di questa legge (io mi permetto di scopiazzare l’articolo che mi ha colpito molto proprio per la concomitanza di quanto mi è arrivato ad ottobre e a favore di chi “la Repubblica” non la compra)
Sono talmente pochi i vantaggi che diversi Sindaci sono i rivolta. In pratica tutti gli oneri, le perdite della rete idrica, i malfunzionamenti e i disservizi verranno pagati dai contribuenti. Il parlamento, maggioranza e opposizione, ha approvato all’unanimità, mentre gli italiani erano in ferie (6 agosto) una norma che prevede che i Comuni mettano le loro reti idriche entro il 2010 sul mercato, anche se queste funzionano perfettamente e i conti tornano.
Anche se i Comuni continuano a mantenere la maggioranza azionaria nell’ex municipalizzate è entrato di tutto: banche, industrie, società multinazionali. Chi pensava a grossi vantaggi si è sbagliato. Gli acquedotti sono da rifare e nessuno li rifà, le reti idriche sono un colabrodo e nessuno li ripara: il privato funziona peggio del pubblico. Col voto del 6 agosto l’acqua cessa di essere diritto collettivo e diventa bisogno individuale, merce che ognuno di noi deve pagarsi.
Gli scenari che si presentano (continua l’articolo) sono che le reti idriche restano in mano pubblica con i costi del rifacimento e manutentivi a carico dei contribuenti: “insomma la polpa ai primi e l’osso ai secondi”
I primi a ribellarsi sono stati i Sindaci della Lombardia chiedendo addirittura un referendum per l’abrogazione di questa decisione ma la risposta è stata negativa. L’esempio che segue potrebbe essere lo scenario futuro di questa trovata: condominio formato da una decina di appartamenti, contatori dell’acqua gestiti da una banca. Il condominio non paga le bollette del consumo dell’acqua, la banca chiude l’erogazione, il Sindaco per questioni di igiene pubblica manda le autobotti con l’acqua che andrà a pagare 3000 volte di più. Insomma solo una gestione pubblica può garantire equità all’utente.
Prosegue l’articolo con altri esempi e situazioni paradossali: Firenze, il Comune accetta una campagna sul risparmio idrico. Un anno dopo, di fronte ad una diminuzione del consumo, la “Publiacqua” ditta che gestisce ora l’erogazione, manda agli utenti una lettera dove informa che, causa una diminuita erogazione, è costretta ad alzare le tariffe per far quadrare i conti. Aumenti arrivati anche al 300% in più con conseguente sciopero delle bollette.
E in Liguria? A parte il fatto che a la Spezia vengono pagate le bollette più care d’Italia, l’Amga di Genova si è accasata con la Smat di Torino dando vita all’Iride, facendo parte così di altri 3 colossi che gestiscono le acque in Italia. Tutte hanno una forte presenza multinazionale. I comitati per l’acqua pubblica hanno raccolto più di 400 mila firme ma, sia sotto il governo Prodi che quello di Berlusconi, non hanno trovato nessun relatore capace di esaminare e illustrare la volontà dei cittadini.
Il rischio dell’acqua pubblica diventata un pacchetto azionario è che passi in mani altrui, come in Inghilterra che le bollette si pagano a società australiane con tariffe triplicate. Un guasto? Call center americano. Altro problema da non sottovalutare, considerando che i controlli saranno ridotti, visto i costi che questi comportano, sarà il pericolo di inquinamento delle falde acquifere.
A Parigi il Sindaco grida a gran voce al ritorno dell’acqua pubblica, anche la Chiesa si sta muovendo: l’acqua un pubblico bene e un diritto fondamentale e inalienabile.
Insomma, l’inchiesta giornalistica andrà avanti (aspetto di leggere il seguito con molto interesse) ma una cosa la vorrei dire anch’io.
Ci riempiamo la bocca di destra e sinistra, di evidenti differenze di ideologie e storia, ci arrabbiamo e discutiamo su tutto cercando di trovare la migliore soluzione ma su questa cosa, destra e sinistra, si sono trovate in accordo. Eppure si parla tanto di territorio e salvaguardia della natura, conservazione di beni, incentivi al risparmio… dalla mia parte politica mi aspetto un maggior rispetto e più attenzione verso i problemi e i diritti fondamentali della persona. L’acqua è un bene di tutti e va salvaguardato a tutti i costi, limitando il più possibile gli sprechi, educando le persone a trovare tutte le soluzioni per evitare sprechi, ma soprattutto non speculando su un bene che, ripeto, è essenziale per l’esistenza.
Anche per non dare ragione a chi sostiene che una eventuale, prossima guerra, non sarà per il petrolio ma per la conquista di una goccia d’acqua.
Occhi e orecchi aperti!!