Non mi voglio soffermare su chi ha ragione, su chi sia l’aggressore e chi sia quello che si deve difendere, non posso neanche analizzare quale sia la storia che ha portato a questo odio senza fine tra israeliani e palestinesi.
Quello che mi sgomenta e mi fa rabbrividire sono le immagini dei bambini, dei loro occhi pieni di terrore, senza odio ma con la paura che si tocca, si capisce.

E non c’è conflitto nel mondo (perché purtroppo ce ne sono tanti e non solo nella striscia di Gaza) che non risparmi civili. Ormai è la vigliacca tradizione della guerra, le chiamano “conseguenze collaterali”, prevedono morte e distruzione nei villaggi, nelle famiglie. E nonostante le varie lingue, usanze, tradizioni i bambini piangono tutti allo stesso modo, con la stessa disperazione, senza distinzione di nazionalità, di appartenenza.
L’ultimo che ho visto al telegiornale si è salvato con suo padre dal missile perché si sono rifugiati nel bagno di casa: un miracolo! Ma il volto del bambino non lasciava spazio alla gioia dello scampato pericolo, i suoi occhi parlavano per lui, intensi, spaventati, increduli.
Fermate la guerra, ora, che questi bambini ancora non hanno capito chi devono odiare. Ora che è molto più semplice educare alla pace. Più tempo passa più sarà difficile spiegare alle nuove generazioni che non c’è nessun nemico da abbattere. Come si fa a portare a quelle civiltà un messa

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